lunedì 28 ottobre 2013

ADDIO BLOG, LA III ERA DI ARISTOCRAZIA WEBZINE È GIUNTA!



Come promesso, oggi Aristocrazia Webzine trasloca, dopo anni di onorata militanza sulla piattaforma di Blogspot. Eccovi il Nuovo sito Aristocrazia Webzine!

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lunedì 21 ottobre 2013

UNA BREVE SOSTA, PER UNA WEBZINE MIGLIORE


Come potete vedere, per la prima volta da lungo tempo il vostro lunedì mattina non è accompagnato da una infornata dei nostri nuovi articoli. Tranquilli, Aristocrazia non ha problemi di alcun tipo, né intenzione di mollare la presa, semplicemente stiamo lavorando a un nuovo sito! Aristocrazia 3.0 — nome fittizio, non vi sveliamo ancora nulla — cercherà di essere più accattivante graficamente, più ricca di contenuti e più interattiva. Siamo fermi solo da qualche giorno, ma già non vediamo l'ora di uscire da questo letargo. Nel frattempo potete ingannare l'attesa spulciando il nostro archivio passato. Restate sintonizzati.

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lunedì 14 ottobre 2013

CHANGJIANG MIDI MUSIC FESTIVAL 2013

Informazioni
Festival: Changjiang Midi Festival 2013
Data: 2-4/10/2013
Luogo: Sanjiagang, Shanghai, Cina
Autore: LordPist

La stagione dei festival all'aperto in Cina si chiude con l'appuntamento quantitativamente più grosso, durante la settimana della festa nazionale per la fondazione della Repubblica Popolare. Il Changjiang Midi Festival (per maggiori informazioni sulle origini di questo festival, leggete il mio report della data pechinese) ha avuto luogo nella parte est della megalopoli Shanghainese, a un paio di fermate di metropolitana dal trafficato aeroporto di Pudong e sostanzialmente sul bordo del non esattamente limpidissimo Fiume Azzurro (il Changjiang, per l'appunto). Nove palchi sparsi su un'area molto ampia e particolarmente ventosa, tra di essi spazi dedicati alle band emergenti, a discussioni con i membri dei gruppi maggiori, all'elettronica, alla musica folk nelle sue varie declinazioni e addirittura un palco sul quale si sono alternati momenti dell'opera tradizionale cinese (nei suoi vari stili) a progetti musicali variamente sperimentali.

In una manifestazione di simile portata, è ovvio perdersi qualcosa di ciò che succede sui vari palchi, ma cercherò di fornire un'idea più dettagliata possibile dell'offerta messa in campo dalla Scuola di Musica Midi in quest'edizione. Cercherò di tenermi quanto più vicino possibile agli interessi del nostro sito, poiché la quantità di musica ascoltata in questi tre giorni è stata veramente impressionante e credo sia impossibile darne un resoconto completo in ogni parte.

2 Ottobre – Si Fa Subito Sul Serio


Song Stage 14:30 - Evocation [招魂] (Hong Kong – Death Metal)
Dopo la consueta fila lunghissima del primo giorno e il montaggio della tenda (durante i quali mi perdo gli Ego Fall), finalmente riesco a entrare e a dirigermi subito verso uno dei due palchi principali, il Song Stage, per vedere uno dei nomi più "aristocraticamente" rilevanti del festival: gli Evocation da Hong Kong. Il quintetto formato nel 2002 non si perde in fronzoli e, nella surreale e grigia atmosfera del primo giorno, devasta tutto nella mezz'ora a sua disposizione. Una delle particolarità di questa band fortemente ispirata alla cattiveria dei Behemoth sono i testi in cantonese: decisamente tra i migliori nomi metal della rassegna, potete trovarli anche su Soundcloud.


Tang Stage 16:00 – SUBS (Cina – Indie-Punk-Noise Rock)
Delusi dalla loro performance mutilata al Midi di maggio, stavolta i SUBS sono il piatto forte del pomeriggio e infiammano la discreta folla radunatasi davanti al palco. Con un nuovo batterista dietro le pelli, il trio capitanato da Kang Mao snocciola quaranta minuti di rock intenso, prepara la folla alle band della serata e si rifà ampiamente della prestazione incompleta della primavera.

Song Stage 18:00 – Ordnance [军械所] (Cina – Thrash metal-Crossover)
Dopo il cambio d'abito per affrontare il discreto vento della sera, torno al Song Stage per assistere all'esibizione degli Ordnance, uno dei gruppi storici del thrash metal locale. Formati nel 1999, i cinque non rientrano esattamente nelle mie corde musicali, ma devo dire che la loro performance è stata molto coinvolgente e ha scatenato più di un momento di mosh. Bisogna aggiungere che la partecipazione del pubblico è stata sempre molto attiva nell'arco dei tre giorni, con circle pit, wall of death, tanti momenti di crowd surfing (che qui sembra essere ancora di gran moda) eccetera. Ecco il loro Myspace.


Ming Stage 19:40 – Nine Treasures [九宝] (Cina – Folk Metal)
Ecco uno dei nomi che ero più curioso di (ri)vedere, dopo l'eccezionale prestazione pomeridiana del Midi di Pechino. I Nine Treasures sono tra gli esponenti più interessanti dell'ondata di gruppi provenienti dalla Mongolia Interna, e sono addirittura arrivati a suonare al Wacken Open Air di quest'estate. Hanno un album in cantiere che dovrebbe uscire in ottobre e hanno raccolto moltissimi pareri positivi sul loro lavoro molto personale e coinvolgente. La loro esibizione è stata stranamente "confinata" al palco dedicato al folk (non grandissimo) e il suonatore di balalaika non era presente per motivi di salute, ma i ragazzi non hanno sbagliato un colpo comunque. Uno dei migliori show del festival, durante il quale i mongoli hanno spiegato folk metal a molti che lo suonano anche da anni e anni. Anche loro sono molto attivi sui social network musicali internazionali, come Soundcloud.

20:40 Song Stage – Suffocated [窒息] (Cina – Death-Thrash Metal)
Dopo lo storico ritorno sul palco della band tutta al femminile Cobra [眼镜蛇], rock molto all'avanguardia per la scena cinese degli anni '90 (anche se forse un po' "innocuo" al giorno d'oggi), è il momento di altre mazzate con i Suffocated. Liu Zheng e i suoi mettono lì la canonica dose di violenza che portano sui palchi da ormai più di quindici anni: ancora una dimostrazione di come in Cina, a livello di festival, il death metal (per non parlare del nu metal) generalmente tiri ancora più del black, anche se forse è in quest'ultimo che la Cina sta producendo le cose più interessanti di recente.


22:00 Song Stage – Twisted Machine [扭曲机器] (Cina – Nu Metal)
I soliti Miserable Faith [痛仰] sono stati protagonisti dell'ennesima buona prova sul Tang Stage, proponendo i loro classici davanti a una platea molto gremita, e preparano il numeroso pubblico ad accogliere uno dei nomi più grossi della scena cinese sul Song Stage: i Twisted Machine. Me li ero persi alla data di Pechino perché ero troppo stanco la prima sera, quindi ci tenevo particolarmente a recuperarli. Nonostante io non ascolti più nu metal con frequenza (si tratta comunque di un genere che in Europa è abbastanza sparito nell'ultima decina d'anni), devo ammettere che questo gruppo formato nel 1998 ci sa davvero fare in sede live. L'ambiente nu metal è molto affollato in Cina e tanti gruppi sono abbastanza generici (come i Monkey Legion visti nel pomeriggio), i Twisted Machine, però, nella quarantina di minuti di esibizione, hanno spiegato perché restano comunque il nome di punta dell'intero movimento e, a mio avviso, una delle poche cose nu metal degne di essere ascoltate al di fuori dei soliti nomi. Qui il loro Myspace.


3 ottobre – Il Nuovo Rock Cinese


13:30 Song Stage – Eternal Wings [永恒之翼] (Cina – Melodic Black Metal)
Dopo le canoniche e complesse operazioni di lavaggio e cambio abiti a un festival, ecco che inizia la seconda giornata con i bravi Steely Heart e il loro rock elettronico sul Tang Stage. La seconda band di giornata sono gli Eternal Wings, quintetto di ispirazione black che si presenta sul palco con tanto di facepaint e non tarda a regalare tanti bei momenti. Molto impegno nel promuovere l'EP uscito quest'anno, ottimo l'apporto del pubblico e una giovane band da seguire nel futuro.


14:30 Song Stage – Anthelion [幻日] (Taiwan – Symphonic Black Metal)
Ci mettono un po' a completare il soundcheck, ma gli Anthelion ci credono tantissimo, eccoli salire sul palco in tenuta a metà tra il black metal e il visual kei (notevoli i capelli del batterista), con i video delle grafiche e delle foto del gruppo sul grande schermo. Devo ammettere che mi aspettavo una performance abbastanza generica, visto il mio rapporto non strettissimo con il black di stampo sinfonico, invece i taiwanesi mi hanno piacevolmente sorpreso e sono stati tra le band metal di cui conservo un ricordo migliore al festival. Anche qui grossa partecipazione del pubblico, mentre il gruppo ha pescato sapientemente dal suo repertorio, alternando i pezzi più pestati a quelli più melodici. Questo il loro Myspace.

16:00 Tang Stage – Carsick Cars (Cina – Indie-Noise Rock)
La seconda giornata prosegue all'insegna delle nuove band del panorama cinese, e il trio originario di Pechino è tra i nomi più in vista della scena dalla seconda metà degli anni '00. I Carsick Cars pescano praticamente da ogni dove, Sonic Youth su tutti, e dimostrano perché si parla così tanto di loro negli ambienti rock cinesi. Il loro ultimo LP "You Can Listen, You Can Talk" è datato 2009 e c'è grande attesa per il nuovo lavoro "3" che uscirà a fine ottobre, questo concerto era infatti parte del tour che li porterà anche a suonare a Parigi a metà mese.

19:00 Zhanguo Stage – Residence A [A公馆] (Cina – Indie-Alternative Rock)
A seguire le prestazioni solide di altri due grandi nomi del nu metal locale (Yaksa e Tomahawk), poi mi dirigo verso uno dei palchi minori per vedere un'altra delle nuove band rock in ascesa in Cina. Un episodio curioso sui Residence A è che il chitarrista Zhao Zhao ha imparato a suonare da mancino dopo un incidente alla mano sinistra che gli ha impedito di muovere le dita sulla tastiera. Il quartetto si è formato nel 2008 a Pechino e ha uno stile musicale di forte ispirazione britannica, pur restando "fedele alla linea" del rock cinese che preferisce in genere i testi nella lingua madre. Anche loro hanno avuto una certa risonanza e visibilità internazionale attraverso i social network, come Bandcamp.

21:20 Tang Stage – Escape Plan [逃跑计划] (Cina – Indie Pop-Rock)
Una rapida occhiata al gruppo deathcore di Hong Kong Massacre Of Mothman, prima di andare al Tang Stage. Il nome grosso di oggi è quello probabilmente più popolare della Cina continentale: gli Escape Plan. Non ero riuscito a vederli bene alla data di Pechino, anche per via della folla impressionante, pure stavolta Mao Chuan e compagni radunano a occhio il pubblico più numeroso del festival, ma in uno spazio più vasto in questo caso. I quattro si destreggiano tra melodie di tastiera, chitarra e cori con il pubblico, fino a quella che è probabilmente La ballad romantica per eccellenza degli ultimi anni in Cina, "夜空中最亮的星" ("The Brightest Star In The Night Sky"). La fila per gli autografi e le foto dopo il loro concerto era lunghissima, e credo che sia finita solo verso l'una o giù di lì.

22:20 Zhanguo Stage – Spring And Autumn [春秋] (Cina – Prog-Folk Metal)
Chiudo la breve parentesi strappalacrime tornando su lidi più vicini alle competenze di Aristocrazia con gli Spring And Autumn. Il gruppo nasce durante gli anni '90 dalla mente di Kaiser Kuo, già chitarrista storico dei Tang Dynasty, in genere citati come prima band metal in Cina nei tardi anni '80. Si tratta di una delle poche formazioni metal del festival che usano il cantato pulito (Liu Bin alla voce e alla chitarra ritmica), nonché una di quelle che fanno maggior uso di citazioni e storie tratte dalla tradizione cinese. Sono contento di aver visto dal vivo questo pezzetto di storia, pur non essendo un grandissimo fan del prog metal, e mi sembra un ottimo modo di chiudere la seconda giornata.


4 ottobre – Chiudiamo La Baracca

14:00 Tang Stage – King Ly Chee [荔枝王] (Hong Kong – Hardcore Punk)
Inizia con un'interessante mangiata internazionale l'ultimo giorno di festival, prima di tornare all'area palchi per uno dei gruppi forse più intensi della manifestazione. I King Ly Chee ci dicono chiaramente che "a Hong Kong c'è l'hardcore!" e per trenta minuti spadroneggiano sul Tang Stage tra circle pit, hardcore moshing e così via. Devo dire che faccio fatica ad ascoltare più di venti o trenta minuti di questo tipo di proposta, e fortunatamente non è durata oltre.

17:20 Zhanguo Stage – The Samans [萨满] (Cina – Industrial-Gothic Metal)
Il pomeriggio scorre abbastanza liscio, con il picco della prestazione della band reggae-rock Longshendao [龙神道] davanti a una grossa folla danzante, quando i Samans hanno il compito di accogliere il primo calare della sera. I sei sono una presenza abbastanza unica all'interno del festival, con il loro background industrial e una presenza scenica di chiara ispirazione "europea". Arrivo a concerto già iniziato, ma conservo un bel ricordo del loro show coinvolgente, purtroppo poco pubblicizzato rispetto ai nomi che erano sugli altri palchi.


18:00 Song Stage – Nova Heart (Cina – Elettronica)
Eccoci a uno dei grossi nomi del venerdì, già "showstealer" del Midi di Pechino: i Nova Heart. La band capitanata da Helen Feng passa in rassegna il suo repertorio in crescita che spazia dal trip-hop all'elettronica marcatamente da ballo. Un gruppo eccezionale in sede live, cui la frontwoman aggiunge quel tocco di personalità in più. Da vedere e rivedere, uno dei casi in cui quaranta minuti mi sono sembrati pochi. Sono in attesa del loro nuovo lavoro, è possibile seguirli anche su Bandcamp.

19:00 Zhanguo Stage – 101A (Giappone – Indie-Noise-Shoegaze)
È quindi il turno di uno dei gruppi stranieri ospiti al Midi, gli 101A sono un trio che attraversa varie influenze, alla maniera di molti loro connazionali difficili da inquadrare in una sola area. Il gruppo non è niente di particolarmente memorabile in sé, tuttavia merita una menzione d'onore per tutte le sfighe che gli sono capitate durante l'esibizione: tra cavi rotti, equalizzazioni rivedibili e pedali con poco spirito di collaborazione. Molto attenti al rapporto con il pubblico però, la cantante e chitarrista Noah tenta di comunicare in cinese e riesce ad attirare le simpatie dei presenti. Il concerto è stato tutto sommato godibile, a parte i problemi tecnici. Questo il loro Myspace.


21:00 Han Stage – Cold Fairyland [冷酷仙境] (Cina – Progressive Folk Rock)
Ammetto che non mi aspettavo che il punk rock di ispirazione irlandese alla Dropkick Murphys fosse arrivato anche in Cina, ma gli SMZB [生命之饼] mi dimostrano il contrario. Dopo il loro show sul Tang Stage a suon di cornamuse e cori con il pubblico, giunge il momento di chiudere i giochi con il botto. Sul palco dedicato all'opera cinese e ai progetti più insoliti, ecco che arriva una delle band più rappresentative dell'intero movimento rock cinese. I Cold Fairyland si sono formati a Shanghai e sono un sestetto dalle molteplici influenze, la frontwoman Lin Di è nota per le sue doti canore e di suonatrice di pipa [琵琶] e tutti i membri sono tecnicamente estremamente dotati. Il concerto inizia in maniera piuttosto sobria, con il pubblico seduto sulle sedie come a teatro, salvo finire con tutti in piedi e vicino al palco per la parte finale, richiedendo a gran voce un bis che il gruppo non si lascia scappare. Nella cinquantina di minuti complessiva, i Cold Fairyland esplorano principalmente la faccia più rock della loro proposta e spiegano musica ai presenti, rappresentando il culmine ideale della manifestazione, pur non essendo l'ultima band a esibirsi.

L'oretta finale passa rimbalzando tra i vari palchi alla ricerca di qualcosa di interessante, riesco a vedere le ultime battute del concerto dei Narakam [冥界] (storica band death metal formata nella prima metà degli anni '90) e qualcosa della band hardcore-thrash Demerit [过失]. Entrambe prove apprezzabili, ma dopo quello che hanno messo su i Cold Fairyland, più o meno qualsiasi cosa sarebbe sbiadita al confronto.

Il giorno dopo è il momento di levare le tende e tornare nell'affollato centro della città, scambiando qualche chiacchiera con altri campeggiatori di ritorno alle rispettive città della Cina. Un'altra grande esperienza, e tante nuove band da approfondire e seguire in questa scena immensa e in costante sviluppo che è la musica cinese.

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LEGIONARII - Disciples Of The State

Informazioni
Gruppo: Legionarii
Titolo: Disciples Of The State
Anno: 2013
Provenienza: Germania
Etichetta: Rage In Eden
Contatti:
Autore: Istrice

Tracklist
1. Enter The Global Union
2. Ordo Ab Chao
3. The Inner Circle
4. Aristocracy
5. World In Flames
6. The State
7. Blood Of Millions
8. Strength & Power
9. The Titan
10. Dominion (Lux Aeterna)

DURATA: 53:50

Uno "Stato" totalitario che controlla l'intero globo terrestre, dodici "Discepoli" misteriosi nella stanza dei bottoni dell'intero sistema che guidano il mondo e lo piegano al proprio volere, rendendo l'umanità una sola enorme forza-lavoro, controllata giorno e notte; un tredicesimo, "autorità suprema", a capo dell'intera piramide in un sistema fortemente gerarchizzato che riesce a sfuggire alla percezione degli abitanti del mondo, che non lo sentono come costrittivo, ma anzi amano e apprezzano, divorati da un feroce consumismo che li spinge a vivere senza pensare. Da questa distopia a cavallo fra Orwell e Huxley, per stessa ammissione dell'artista, prende forma "Disciples Of The State".

È l'album della maturità, l'album della conferma, l'album che suggella il percorso di crescita di Legionarii, che entra da parte sua di diritto fra le più interessanti realtà della scena martial-industrial. Un disco guerrigliero e potente, che si apre con una simbolica quanto significativa cavalcata delle valchirie e che fin dai primi minuti riesce a trascinare l'ascoltatore in un vortice di suggestioni marziali. È subito evidente l'accurato lavoro di ricerca sonora che sta dietro le quinte di "Disciples Of The State", il sound è ricco, sempre stratificato, pieno, a volte vicino al clima da colonna sonora "triariiano", a volte più affine alla dark ambient, ma mai banale, e soprattutto, cosa rara, mai troppo monotono all'interno dello stesso brano. Ogni traccia è strutturata con maestria, e sebbene ognuna abbia una sua struttura ben delineata, spesso si notano piccole variazioni all'interno della stessa che rendono più movimentato e coinvolgente l'andamento dell'opera nel suo complesso.

"Ordo Ab Chao" è travolgente, cori e archi s'innalzano e si rigettano a capofitto nell'oscurità, spianando la strada ai tamburi; "Aristocracy", enorme cardine concettuale e musicale dell'intera opera, non lascia superstiti, l'impasto sonoro non manca di nulla, le voci corali raggiungono il loro apice, le percussioni sono mine in detonazione, mentre in secondo piano i gerarchi continuano i loro discorsi. Intervallato da alcuni episodi più calmi e cupi come "The Inner Circle" e "Blood Of Millions", passando per la gloriosa "The State", in cui l'atmosfera magnificente si tinge di un colore apocalittico, quasi generando un clima da "The Umbersun" degli Elend, il disco giunge a "Strength & Power". Il pezzo più incalzante nel ritmo, una vera marcia di guerra, che lascia il passo a "The Titan", in cui la pomposità e l'animo da colonna sonora raggiungono nuovi apici. Resta solo "Dominion", che con i suoi violini lenti e distesi pare quasi un invito a fermarsi un secondo e riflettere sull'esperienza appena vissuta. Totalitaria, in tutti i sensi.

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JUPITER SOCIETY - From Endangered To Extinct


Informazioni
Gruppo: Jupiter Society
Titolo: From Endangered To Extinct
Anno: 2013
Provenienza: Svezia
Etichetta: Fosfor Creation
Contatti: facebook.com/JupiterSociety
Autore: Mourning

Tracklist
1. Enemy March
2. Invasion
3. Queen Of Armageddon
4. No Survivors
5. Fight Back
6. Defeat

DURATA: 55:55

Carl Westholm è uno di quei personaggi che non passano inosservati, l'artista ruota da sempre intorno alla figura del signor Leif Edling (mente degli ormai a fine carriera Candlemass, degli sciolti Abstrakt Algebra e degli ancora attivi Krux), con il quale ha condiviso più e più avventure musicali. Anche da solista però si è creato spazi interessanti notevoli, dando vita a creature come i Carptree e gli Jupiter Society. Se in passato Aristocrazia si era già occupata dei Carptree recensendo "Nymf", non aveva invece ancora avuto la possibilità di scrivere dei secondi, occasione che abbiamo colto al volo data l'uscita del terzo capitolo della space-prog band intitolato "From Endangered To Extinct".

Le caratteristiche fondamentali del sound degli Jupiter Society sono rimaste invariate nel corso degli anni, infatti dal debutto "First Contact // Last Warning", passando per il secondo "Terraform", sino ad arrivare a quest'ultimo si può notare come si sia venuto a realizzare un sentiero fatto di coerenza generato attraverso l'utilizzo di atmosfere tetre e ampie coralità. Stavolta tuttavia l'aspetto progressivo sembra più scarno, volutamente crudo nello sviluppo, così da far incentrare molto del potenziale insito nei pezzi soprattutto nelle prestazioni evocative offerte dai cantanti: sia Mats Leven che Oivin Tronstad e Cia Backman svolgono egregiamente il loro compito dietro il microfono, dando così l'impressione che compositivamente parlando ci si potesse attendere qualcosa di più.

È innegabile che la visione scura, nella quale si possono riscontrare la frustrazione e il pericolo legati a un'invasione aliena che comporterebbe l'estinzione della razza umana, sia per l'album una componente importante, è altrettanto vero che a eccezione di un paio di episodi realmente trascinanti (penso a canzoni quali "Invasion", "Queen Of Armageddon" e "Fight Back", particolarmente impressionanti per esposizione e in tutto e per tutto capaci di trasmettere il malessere e l'instabilità dello scenario modellato dall'ingegno di Westholm), si rimanga appesi a un'idea sci-fi che stavolta affascina meno di quanto siano riuscite a fare le precedenti rappresentazioni.

È inutile che vi faccia l'intera lista dei musicisti che hanno partecipato a questa ennesima opera dello svedese, sappiate che è gente di prim'ordine e che sulla parte esecutiva del lavoro non c'è davvero nulla di cui potersi lamentare, così come del resto non ho specifiche rimostranze da muovere per ciò che riguarda l'ambito della produzione. Tirando le somme: coloro che in passato avessero già goduto degli Jupiter Society, gradiranno anche "From Endangered To Extinct"; mentre a chiunque volesse iniziare ad avventurarsi nelle sonorità proposte da Westholm, consiglio di intraprendere il percorso partendo dal capostipite della trilogia per viverne la storia passo dopo passo. In entrambi i casi, gli Jupiter Society sono una formazione che vale la pena annoverare fra le proprie conoscenze, non perdeteveli.

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B.O.S.C.H. - Apparat

Informazioni
Gruppo: B.o.s.c.h.
Titolo: Apparat
Anno: 2013
Provenienza: Germania
Etichetta: Dust On The Tracks
Contatti: facebook.com/boschband
Autore: Mourning

Tracklist
1. Der Apparat
2. Der Erste Stein
3. Engel
4. Schwarzer Mann
5. Gier
6. Schwarze Sonne
7. Eiszeit
8. Der Sturm
9. Meine Welt
10. Ein Augenblick
11. Sklaven Des Nichts
12. Amok
13. Die Lästerzungen
14. Treibgut Der Zeit

DURATA: 56:17

I tedeschi di Wilhelmshaven B.o.s.c.h. hanno da poco pubblicato il secondo album "Apparat". Dopo averlo ascoltato un paio di volte, l'unica cosa che mi viene in mente è se vi ricordate di Albertino al Deejay Time, quando negli anni Novanta invocava la cosiddetta musica "maranza". Ebbene che cosa hanno in comune questi due mondi? Da un certo punto di vista l'approccio industrial goth-metal proposto da questo quartetto, particolarmente influenzato da gente come i Rammstein, nonostante la band del carismatico Till Lindemann sia solo uno dei tanti nomi che vi verranno in mente insieme a Prodigy e Oomph!, è godereccio e "cazzaro" quanto basta da essere goduto perlopiù in ambito dancefloor.

Le ritmiche adatte al movimento da ballo e il modo in cui convivono la durezza dell'impostazione chitarristica metallica e le intrusioni delle sezioni elettroniche, a dire il vero mai troppo invasive e decisamente collaborative per ciò che concerne lo sviluppo melodico e atmosferico dei pezzi, ci consegnano un disco che nel suo muoversi su terreni battuti e ribattuti regala una buona compagnia, sia nei pezzi più veloci e scatenati (si vedano "Der Erste Stein" ed "Eiszeit", non a caso il primo è stato utilizzato come singolo apripista) sia in quelli dotati di un andazzo alquanto grooveggiante (in tal caso è da prendere in considerazione "Schwarzer Mann") che in altri in cui l'incedere diminuisce i bpm, affidandosi alla chiave ambientale per far colpo (basta ascoltare la più scura "Gier" per averne idea).

Nel complesso fra le melodie e le tastiere spiccate di "Engel" e "Amok", le martellate di "Schwarze Sonne" e la ballata a tratti sdolcinata con tanto di voce femminile "Der Sturm", canzoni che si vanno ad aggiungere a quelle già citate, il lavoro si difende davvero bene, tuttavia le somiglianze con le tante realtà più note non ne agevoleranno l'entrata nel circolo dei vostri interessi primari. Una volta che vi si parasse di fronte il dubbio se ascoltare loro o ad esempio i già citati Rammstein, a meno che non vogliate cambiare per il gusto di farlo, la scelta sarà facile, per non dire scontata: i B.o.s.c.h. finiranno per perdere lo scontro diretto.

"Apparat" si rivolge agli ultra-appassionati di questo panorama e ripeto: inserita nello stereo, la musica di questi artisti è di buona compagnia e particolarmente piacevole, quindi provate a dar loro almeno una chance, tenendoli in considerazione per una serata a base di puro divertimento.

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MASCOT PARADE - Cause & Effect


Informazioni
Gruppo: Mascot Parade
Titolo: Cause & Effect
Anno: 2013
Provenienza: Svezia
Etichetta: Noisehead Records
Contatti: facebook.com/mascotparadeband
Autore: Mourning

Tracklist
1. The Uninvited Guest
2. Lost In Salvation
3. Devil / Angel
4. Bugs & Hope
5. Norma
6. Coexist
7. Cause & Effect

DURATA: 42:40

Gli svedesi Mascot Parade nascono nel 2007 per volere del cantante-chitarrista Henrik Bringås e del chitarrista Staffan Andersson, la formazione attualmente si completa con l'asse ritmico composto dal bassista Frej Drake e dal batterista Erik Lundin. La band ha già all'attivo un disco rilasciato nel 2008 intitolato "Deathmarch" che a quanto pare ricevette dei riscontri particolarmente positivi e il 2013 li vede pubblicare la seconda opera, "Cause & Effect", album che è stato registrato nei Music A Matic Studios di Gothenburg e prodotto da Chips Kiesbye, signore noto per le sue collaborazioni con gruppi come Crucificied Barbara, Hellacopters e Dozer.

Se il vostro pensiero immaginando il sound di questa compagine si ricollegasse in automatico in direzione retro-rock, stavolta avreste una sorpresa inaspettata: gli scandinavi infatti si distaccano nettamente dalla proposta classica che di anno in anno ha acquisito proseliti nella loro terra natia, ciò che propongono è una commistione di Kyuss, Queens Of The Stone Age e Alice In Chains (ma qualche altro nome lo si può di certo individuare) esposti in una versione che varia atmosfericamente da sensazioni narcotico-lisergiche ad altre melancoliche-pressanti. "Cause & Effect" è paragonabile a una bella farfalla che sbatte le ali in maniera pesante, essendo così costretta a viaggiare a una velocità ridotta, però al tempo stesso permette all'occhio umano di apprezzarne l'aspetto nel dettaglio.

Quello tracciato dal gruppo è un sentiero stranamente viscoso e che sulla lunga durata mette alla prova l'orecchio, invitandolo ad accedervi tramite una connessione fatta di suoni alle volte ruvidi e tutt'altro che raffinati, mentre in circostanze particolari tende ad addolcirsi notevolmente quasi a voler fornire una visione catartica. Il regredire-progredire nella robustezza del riffato, l'ammaliare riverberato del cantato e l'evoluzione ritmica della dinamica quadrata consentono di acquisire una corposità che diviene forma vera e propria. I pezzi in scaletta al pari di una macchia grigia che si espande invadono la testa, attenuando i toni cromatici a seconda dello stato d'animo che intendono imprimere; ansia e ossessione ballano un valzer costante accompagnate da melancolia e tormento, ed è in questo roteare ripetuto che assuefà — non generando tedio, bensì arrendevolezza nel lasciarsi cullare — che i Mascot Parade dimostrano di essere una realtà in possesso di idee ben chiare e che nel momento in cui si spoglia degli aspetti "palliativi", mira il centro della situazione, perché è consapevole che non basta girarvi attorno, sente la necessità di arrivare a colpirlo saltando i passaggi intermedi.

Gli svedesi sono lontani anni luce dalla definizione di "commerciale", il loro fascino scuro e intenso è tutt'altro che facilmente digeribile e l'inquadramento rigido che li contraddistingue colloca "Cause & Effect" in una dimensione a sé, nella quale chiunque può decidere di perdersi volutamente. E mentre voi riflettete se buttarvi o meno, io lo rimetto su e continuo a viaggiare.

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PATH TO IXTAB - Black Sky


Informazioni
Gruppo: Path To Ixtab
Titolo: Black Sky
Anno: 2013
Provenienza: Grecia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/PathtoIxtab
Autore: Mourning

Tracklist
1. To Incite Rebirth
2. Hunter / Defiant
3. Prayer # 1
4. Axe In Hand
5. No Redemption
6. At Nighttime...
7. Prayer #2
8. Black Sky Fill My Mind

DURATA: 38:35

La Grecia continua a offrirmi validi spunti da riportare sul nostro sito e stavolta è il turno dei neo-nati Path To Ixtab di entrare a far parte dei nostri ascolti grazie alla prima uscita "Black Sky". Il duo ellenico composto da Serafim, personaggio già passato su queste pagine data la sua presenza in qualità di batterista nei Brotherhood Of Sleep di "Dark As Light", e Andreas ha iniziato i lavori solo nel 2012 e, dopo aver dato vita a otto tracce, ha deciso di racchiuderle in questo primo album autoprodotto, al momento rilasciato unicamente in formato vinilico.

L'aura permanentemente scura che avvolge i pezzi, pur nutrendosi sia di atmosfere di riferimento black che di soluzioni stilistiche riguardanti il panorama death, sembra essere costantemente attraversata da una scia rock che in alcuni frangenti mi ha fatto immaginare uno strano incrocio fra Darkthrone e Glorior Belli: ciò permette ai Path To Ixtab di esprimersi sia tramite l'irruenza primordiale e cruda dei primi che con l'evoluzione intrapresa dai secondi negli ultimi anni. Esemplari a riguardo i brani "Hunter / Defiant", "Axe In Hand" e "At The Nighttime"; a questi si aggiungono i due capitoli recitati a titolo "Prayer" che, oltre al sentore di "drogaticcio", innestano connotati evocativi alla proposta.

In "Black Sky" non vi è nulla di complesso o intricato: i Path Of Ixtab giocano la partita in maniera intelligentemente semplice, trovando nel modo di mantenere lo sviluppo compositivo "easy", anche se perennemente intriso di quella componente ambientale cupa, il percorso per far assumere all'album una forma ben delineata e affascinante all'udito.

La band pare abbia trovato un accordo con la Venerate Industries per la ripubblicazione e la distribuzione, è quindi possibile che al più presto quest'uscita possa essere reperibile anche in altro formato. Ora come ora però, magari dopo aver saggiato le qualità della loro musica tramite un preventivo passaggio su Bandcamp, vi suggerisco di farne vostra una copia rivolgendovi direttamente a loro.

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ARS MANIFESTIA - Le Lacrime Dell'Universo


Informazioni
Gruppo: Ars Manifestia
Titolo: Le Lacrime Dell'Universo
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Obscura Lyd Productions
Contatti: facebook.com/pages/Ars-Manifestia/135786133263401 - myspace.com/harmful666
Autore: Akh.

Tracklist
1. No Conscience Without Madness
2. Taste This Disease
3. Le Lacrime Dell'Universo
4. Plead Splendour
5. To Infect Oneself To Recover
6. Home II
7. D.Y.D
8. Obsession For The Extreme Obscurity [traccia bonus]

DURATA: 01:12:49

Gli Ars Manifestia giungono al terzo disco per conto della norvegese Obscura Lyd Productions, per qualcuno considerato il lavoro della maturità, quindi cerchiamo di analizzare al meglio l'operato del polistrumentista Harmful e di questo "Le Lacrime Dell'Universo". La copertina ci regala probabilmente lo spaccato migliore per illustrare la musica proposta: la testa dell'artista da cui emerge il simbolo del Caos, attorniato dalle sette chiavi misteriche posizionate fra due guardiani d'ombra (come le due sagome accanto al ponte de "L'Urlo" di Munch), e "No Conscience Without Madness" ne è la giusta rappresentazione sonora.

A mio avviso questo è un album che dovrebbe interessare a una fetta di ascoltatori che va dagli adoratori di Burzum ai viaggiatori trascendenti e intimisti, infatti ascoltando attentamente i lunghi brani si ha la netta percezione che due nature contrastanti, ma ben armonizzate fra loro, confluiscano nei pezzi. Troveremo vibrazioni aggressive e ruvide dal forte sapore "raw" accompagnate da forti parti personali e da un incedere sospeso e ricco di tensioni, riprendendo e ampliando la lezione del leggendario "Conte”, che denotano il gusto e il substrato creativo di Harmful, il quale pone forti accenni personali nelle costruzioni di scuola tipicamente "norvegese".

La produzione è ottima e ci consente di ascoltare molto bene tutti gli strumenti suonati (bello e corposo il suono della cassa), con una giusta collocazione delle frequenze sia nelle parti più tirate che in quelle maggiormente sognanti (come nel caso di "Taste This Disease"), mentre lo scream oscuro ricopre il tutto con un velo mortifero e decadente.

Le canzoni vengono intessute riuscendo a ricreare atmosfere che alternano visioni corpuscolari a linee dall'incedere selvaggio, ciò senza sfociare nell'assalto estremo a tutti i costi, piuttosto grazie a una serie di arrangiamenti armonici azzeccati ed efficaci, come accade anche nella traccia che dà il titolo all'album. Generalmente non digerisco molto bene i riferimenti o le influenze nette, ma in questo caso l'associazione a Varg Vikernes viene talmente emancipata da estrapolarne solamente lo spirito indomito e certi giri di riferimento, per rendere naturale tramite il proprio sentire il resto dell'impronta sonora, la quale possiede una tipicità che valorizza ogni sfaccettatura.

Rispetto alla crescente scena Italiana si denota come le parti maggiormente oniriche non prendano spunto dalla Francia e dagli Alcest (se non forse nell'introduzione e nell'incedere di "To Infect Oneself To Recover"), ma conservino in seno un'oscurità più accentuata e nervosa come accade in "Pled Splendour": i tempi tendono a scendere lentamente di bpm, senza comunque far perdere intensità o generare noia, reazione che solitamente ricevo con i veri cloni di Burzum in ambito "Depressive"; viceversa qua l'introspezione è un'arma vincente e convincente che ci manifesta quanto l'artista riesca a sviscerare la propria anima attraverso la sua Arte. Le nerbature intimiste sono le pulsioni mediterranee che sfociano nell'urlo nordico di Harmful, non a caso Oslo è segnalata come sua sede: è questa intrinseca dualità che ha un fascino magnetico, misterioso e apre percezioni su altre dimensioni psichiche di cui la strumentale "Home II" è un ottimo manifesto espressivo. L'anima più viscerale e violenta esce allo scoperto invece nella breve e lanciata "D.Y.D.", dal riffing asciutto e rapace che chiude degnamente il cd.

"Obsession For The Extreme Obscurity" è la traccia bonus, l'ultimo colpo degli Ars Manifestia in cui fuoriesce la tipica vena tagliente e glaciale della terra dei fiordi, è quindi facile perdersi in stilettate affilate come lastre di ghiaccio, scudisciate dall'impeto imperioso dei venti polari, su cui vedere i riverberi della aurora boreale prima che il nostro corpo perda definitivamente ogni forma di calore e cada nell'immensità del buio assoluto del profondo Cosmo.

"Le Lacrime Dell'Universo" è un disco interessante e ricco di molti spunti, per questo riesce a interessare dove migliaia di altri hanno spudoratamente fallito.

Le sette chiavi hanno concesso l'apertura al Caos e il Caos ha aperto il cancello a Harmful. Harmful è Ars Manifestia.

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TRIGGER - Apocalypse Tomorrow


Informazioni
Gruppo: Trigger
Titolo: Apocalypse Tomorrow
Anno: 2012
Provenienza: Pavlovo, Russia
Etichetta: NitroAtmosfericum Records
Contatti: non disponibili
Autore: Bosj

Tracklist
1. Awakining
2. Friday The 13th
3. Creeping Grim
4. Bloody Mess
5. Apocalypse Tomorrow
6. Killer Machines
7. Eternal Memory
8. Little Evil

DURATA: 36:01

Ammetto di ignorare le peripezie per cui il debutto dei Trigger, targato fine 2012 e uscito sotto NitroAtmosfericum, mi sia arrivato poco meno di un anno dopo in un pacco proveniente dalla Wings Of Destruction Prods, ma tant'è che oggi mi ritrovo ad ascoltare "Apocalypse Tomorrow", disco death metal di stampo classico e, ahimè, poco ispirato.

Al di là dell'errore di battitura nel titolo del brano, "Awakining" apre le danze con un discreto riffing, un buon mid-tempo e delle atmosfere tutto sommato apprezzabili, seppur non brillanti per ispirazione e coinvolgimento. Il problema è che, da qui in poi, per tutti i quaranta minuti scarsi dell'album non ci sarà la benché minima variazione, tolto qualche stop and go... di nuovo in mid-tempo. Il lavoro dei Trigger parte da buone premesse: la band ha dei suoni chiari e distinguibili, ma non eccessivamente puliti, più che apprezzabili nel complesso. Le tre chitarre sono calde, ruvide e massicce; la batteria, per quanto un po' in ombra rispetto al resto, ha un suono pieno e corposo; il growl del cantante Alexey Myakishev è a mezza via tra l'estremo e la semi-intelligibilità. Insomma, il comparto strumentistico è a posto.

Ciò che manca a questo debutto per guadagnarsi l'attenzione del grande pubblico è l'ispirazione compositiva. Gli otto brani, al di là del perenne o quasi mid-tempo, non sono in grado di incidere, di lasciare il segno, o anche solo di farsi ricordare per più di cinque minuti. Non c'è nessun elemento di spicco che permetta ai pezzi di "uscire" e farsi riconoscere: il bridge thrash di "Creeping Grim" e lo sparuto assolo di "Little Evil" non sono decisamente sufficienti a dare carattere a un disco che fatica a trovare una propria identità. Mancano le punte di accelerazione, mancano i rallentamenti a spezzare il ritmo, manca il carisma.

Per un album che ha avuto una gestazione tanto lunga (la band si è formata nell'ormai lontano 2004), nonostante i vari avvicendamenti di formazione era lecito aspettarsi qualcosa di più, specialmente considerando che tutto il materiale qui raccolto è frutto della penna del "nucleo forte" della gruppo, ossia i due membri originali rimasti: il chitarrista Artem Mozhaev e il già citato Alexey. Magari l'ispirazione arriverà col tempo, per il momento i Trigger sono una buona confezione con un contenuto pressoché inesistente.

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TRUEP - 1986

Informazioni
Gruppo: TRUEP
Titolo: 1986
Anno: 2013
Provenienza: Russia
Etichetta: Wings Of Destruction Prods
Contatti: facebook.com/truepmetal
Autore: Bosj

Tracklist
1. 1986 (Intro)
2. Kill
3. Hate
4. Necrotoxic Death
5. New Heat
6. Die Motherf***er
7. Zumbi 666 (I3)

DURATA: 13:24

Se non avessi letto sulla pagina web della Wings Of Destruction che questo "1986" è un'uscita del 2013 di cinquecento esemplari, avrei pensato di trovarmi davanti ad un mini-cd... del 1986. I sette, brevissimi brani che compongono questo primo vagito della misconosciuta band TRUEP odorano di stantio e di marcio come poche altre cose. Tre pezzi da poco più di un minuto, tre pezzi da poco più di due minuti, un'intro. E basta.

La band, di cui dall'etichetta non riceviamo notizia, di cui non esistono informazioni nel libretto (questo, a onor del vero, è orribile in ogni sua parte, e oltre a essere del tutto inutile e illeggibile sembra stampato in cantina dal mio vicino di casa), in poco più di dieci minuti imbastisce una sciarada death-grind che ricorda i grandi nomi americani degli anni '80, a partire dagli immortali Terrorizer. In effetti, questi sei brani hanno proprio "World Downfall" scritto in fronte, e sulla schiena "Horrified". Ed è tutto bellissimo, perché le tracce suonano esattamente come dovrebbero: veloci, sporche, asciutte, incazzate e caciarone.

Dopo estenuanti ricerche sono riuscito a trovare una pagina Facebook che pare essere quella della band; non fosse stato per quella avrei pensato che, chissà, magari "1986" è davvero un demo dell'epoca, spuntato da qualche cantina o soffitta come per magia, ed è solo per caso che oggi nei libri di storia si studiano i Repulsion e non i TRUEP. Nostalgici: recuperatelo, sono tredici minuti di ricordi di un passato che forse non è così lontano.

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CHANGJIANG MIDI MUSIC FESTIVAL 2013 [english version]

Information
Festival: Changjiang Midi Festival 2013
Date: 2013/10/2-4
Location: Sanjiagang, Shanghai, China
Author: LordPist

The Chinese open air festival season draws to a close with the quantitatively biggest gig, during the holiday week for the foundation of the People's Republic. Changjiang Midi Festival (to know more about this festival, read my report of the Beijing edition) took place in the East side of the Shanghainese megalopolis, a couple of metro stops from the busy Pudong airport and practically on the margin of the Changjiang River, not exactly the cleanest watercourse around. Nine stages spread on a huge and particularly windy area, among them there were spaces dedicated to emerging bands, talks with bands' members, electronic music, folk in its many forms and even a stage where it was possible to see Chinese traditional opera (declined in different styles) and various experimental music projects.

It goes without saying that, at such a huge event, it is very likely that you will miss some performance, but I will try and give the most detailed report I can of what the Midi School of Music arranged this time around. I will stay as close as possible to the interests of our website, because the sheer quantity of music I have listened to in these three days was nothing short of impressive and I reckon it is almost impossible to deliver a thorough report of the whole thing, without having it extremely long and potentially tedious.


October 2 – Things Get Immediately Serious


Song Stage 14:30 - Evocation [招魂] (Hong Kong – Death Metal)
After the unsurprisingly long queue of the first day and the setting up of the tent (during which I missed Ego Fall), I finally managed to get in and go to the Song Stage, one of the main two. The band about to perform was one of the most "aristocratically" relevant of the whole festival: Evocation from Hong Kong. The quintet founded in 2002 wasted no time and destroyed everything in half an hour, in the grey and almost unreal atmosphere of the first day. One of the main features of this band heavily influenced by Behemoth's evilness are the lyrics sung in Cantonese: definitely one of the best metal names of the fest, you can also find them on Soundcloud.


Tang Stage 16:00 – SUBS (China – Indie-punk-noise rock)
Disappointed by their mutilated performance at May's Midi, this time SUBS are the main act of the afternoon and go on enflaming the crowd gathered in front of the stage. With a new drummer, the trio led by Kang Mao delivers forty minutes of intense rock and prepares the audience to the evening, making up for the incomplete show of this Spring with ease.

Song Stage 18:00 – Ordnance [军械所] (China – Thrash Metal-Crossover)
After having changed clothes to face the evening's strong wind, I go back to Song Stage in order to see Ordnance, one of the historic bands in the local thrash metal scene. Started in 1999, the five are not exactly my cup of tea, but I must say that their performance was highly involving and stirred many moshing moments. I also want to add that the audience has always been very participative across the three days: circle pits, walls of death, a lot of crowd surfing moments (which still seems to be in high fashion here), and so on. This is their Myspace.


Ming Stage 19:40 – Nine Treasures [九宝] (China – Folk Metal)
Here we go with one of the bands I was most curious to see (again), after their amazing afternoon performance at the Beijing Midi. Nine Treasures is among the top acts of the new wave on Inner Mongolian bands, they even went as far as to play at this summer's Wacken Open Air. Their new album should be released this October and their personal and engaging style has won them many positive comments. Their show was oddly "confined" to the stage dedicated to folk (not very big) and their balalaika player wasn't there because of some health issues, but the guys haven’t miscued anyway. One of the best shows of the entire festival, during which the Mongols explained how to play folk metal to many bands who have been doing it for years and years. They are very active on international social networks, such as Soundcloud.

20:40 Song Stage – Suffocated [窒息] (China – Death-Thrash metal)
After the historic comeback of the all-female band Cobra [眼镜蛇], avant-garde for the Chinese rock scene in the '90s — though perhaps quite "innocuous" now — it's time for some more violence with Suffocated. Liu Zheng and friends just delivered the usual amount of ferocity as they have been doing for more than fifteen years now: another proof of how death metal — in terms of Chinese festivals — still gets the most visibility when compared to black, although it's probably the latter that has recently been producing the most interesting things around here.


22:00 Song Stage – Twisted Machine [扭曲机器] (China – Nu Metal)
The usual Miserable Faith [痛仰] gave their umpteenth good show on Tang Stage, playing their classic tunes in front of a crowded plain, preparing the audience to welcome one of the biggest names in the Chinese scene on the Song Stage: Twisted Machine. I couldn't see them in Beijing because I was too tired on the first night, so I really wanted to be there this time. Even though I don't frequently listen to nu metal anymore (it is a genre that in Europe has almost disappeared in the last decade or so), I must admit this band formed in 1998 is still really good live. The nu metal scene is very crowded in China and many bands are quite generic — like Monkey Legion, seen in the afternoon — Twisted Machine, though, explained in forty minutes why they are still the main name in the whole movement and arguably one of the few nu metal acts worth listening to apart from the usual names. Here you can find their Myspace.


October 3 – The New Chinese Rock


13:30 Song Stage – Eternal Wings [永恒之翼] (China – Melodic Black Metal)
After the ever-challenging and complex washing and changing clothes operations at a festival, it is time to start the second day with the good Steely Heart and their electronic rock on Tang Stage. The second band is Eternal Wings, black-oriented band showing up on stage with face-painting, going on to give us many nice moments. They mostly promoted their new EP, released this year; good participation by the audience and a young band to follow in the future.


14:30 Song Stage – Anthelion [幻日] (Taiwan – Symphonic Black Metal)
It takes them quite a while to complete the sound-check, but Anthelion is really into it, they get on stage with an attire somewhere in the middle between black metal and visual kei (honorable mention to the drummer's hairdo), featuring videos with artworks and photos on the screen. I have to admit that I was expecting a somewhat generic performance, since I'm not a big fan of symphonic black metal, but the Taiwanese surprised me and are one of the bands for which I have the best memories from the festival. Also here the fans were really engaged, while the band carefully proposed both faster and more melodic tracks from its repertoire. Here is their Myspace.

16:00 Tang Stage – Carsick Cars (China – Indie-Noise Rock)
The second day seemed to go on with a focus on the new bands in the Chinese scene, and this Beijing-based trio is definitely one of the best-known names in the second half of the '00s. Carsick Cars come from a wide range of influences — especially Sonic Youth — and prove the reason why they're so popular in the local rock scene. Their latest LP "You Can Listen, You Can Talk" is from 2009 and there is much anticipation for their new work "3", which will be released in late October. This show was actually part of the tour that will also take them to perform in Paris.

19:00 Zhanguo Stage – Residence A [A公馆] (China – Indie-Alternative Rock)
After another two big acts of the local nu metal — Yaksa and Tomahawk — it's time to go to one of the smaller stages to see another emerging rock band in China. A curious anecdote about Residence A is that their guitarist Zhao Zhao learned to play left-handed after an accident at his fretting hand prevented him from using it to play. The quartet started in 2008 in Beijing and has a heavily British-influenced style, although "faithful" to the Chinese rock line that generally prefers lyrics to be written in the native languge. They have received some international visibility through social networks as well, such as Bandcamp.

21:20 Tang Stage – Escape Plan [逃跑计划] (China – Indie Pop-Rock)
A quick glance to the breakdown-full deathcore band from Hong Kong Massacre Of Mothman, before walking to Tang Stage. Today's big name is arguably the most popular band in Mainland China: Escape Plan. I couldn't see them properly in Beijing also because of the impressive crowd, and also this time Mao Chuan and the others gathered what looked like the most numerous crowd of the festival, this time in a wider space though. The four musicians go from keyboards to guitars to singing refrains together with the audience, up to what is probably THE romantic ballad par excellence of the last few years in China, "夜空中最亮的星" ("The Brightest Star In The Night Sky"). The line to get an autograph or a picture with them after the show was extremely long and I believe it only finished around one.

22:20 Zhanguo Stage – Spring And Autumn [春秋] (China – Prog-Folk Metal)
I'll close the brief romantic digression and get back to Aristocrazia's target with Spring And Autumn. This band was formed during the '90s by Kaiser Kuo, already historic guitarist for Tang Dynasty, generally mentioned as being the first metal band in China in the late '80s. It is one of the few metal bands here at the festival that use clean vocals (Liu Bin is the lead singer and rhythm guitarist), and among those that feature the most references to Chinese tradition. I am glad I had chance to see this small piece of history, even though I am not a big fan of prog metal, and I reckon this was a good way of closing day two.


October 4 – The Festival Closes

14:00 Tang Stage – King Ly Chee [荔枝王] (Hong Kong – Hardcore Punk)
The last day at the festival begins with an interesting international meal, before going back to the stage area for one of the most intense bands of the whole event. Kyng Ly Chee explicitly state that "in Hong Kong there's hardcore!" and own the Tang Stage for about 30 minutes, between circle pits, hardcore moshing and so on. Honestly, I can’t bear this genre easily for more than twenty-thirty minutes, and fortunately it didn't go over that.

17:20 Zhanguo Stage – The Samans [萨满] (China – Industrial-Gothic Metal)
The afternoon went on smoothly, peaking with reggae-rock band Longshendao [龙神道] performing in front of a huge dancing crowd, until Samans have to cope with the difficult task of welcoming the twilight. The six are unique in this festival, with their industrial background and a clearly European-inspired attitude in visual terms. I get there when they've already started, but I have appreciated their engaging show, unfortunately not much promoted compared to other bands on the bigger stages.


18:00 Song Stage – Nova Heart (China – Electronic)
And here we go with one of the main names of the Friday, already show-stealers in Beijing: Nova Heart. The band led by Helen Feng plays its quickly growing repertoire, going from trip-hop to dancing tunes. An exceptional band to see live, to which the frontwoman adds more personality. A band to be seen again and again, one of the cases where 40 minutes really felt too short. I am currently waiting for their new work, you can also follow them on Bandcamp.

19:00 Zhanguo Stage – 101A (Japan – Indie-Noise-Shoegaze)
It is time for one of the foreign guests at the Midi, 101A is a trio coming from many different influences, like several other of their fellow countrymen, difficult to put under a single area. The band is not particularly memorable, but they deserve to be mentioned for all the troubles they went through during the show, broken cables, unsatisfactory equalizations, bad pedals. However, they were quite devoted to building a good relationship with the fans, and the vocalist and guitarist Noah tried to communicate in Chinese attracting some praise. All in all, the concert has been enjoyable apart from the many technical problems. This is the band's Myspace.


21:00 Han Stage – Cold Fairyland [冷酷仙境] (China – Progressive Folk Rock)
Honestly, I wasn't expecting Dropkick Murphys-influenced punk rock to have arrived to China, but SMZB [生命之饼] proved me wrong. After their show on Tang Stage characterized by bagpipes and fans singing along, it was time to close the experience with a bang. One of the most representative bands of the whole Chinese rock movement walks on the stage dedicated to the opera and the more unusual projects. Cold Fairyland formed in Shanghai and is a sextet comprising many different influences, their frontwoman Lin Di is famous for her singing and pipa [琵琶] playing skills and all members are extremely technical. The concert starts almost quietly, with everyone sitting on their chairs as if in a theatre, but it finished with everybody standing near the stage, screaming for an encore (which the band, of course, happily delivered). In the fifty minutes they played, Cold Fairyland mainly explored their "rock" face and explained music to everybody, representing the ideal closure of the festival, though not being the last band to perform.

During the last hour or so I just tried going from a stage to another looking for something interesting. I managed to see the final couple of songs from Narakam's show [冥界] (historic death metal band formed in the early '90s) and something by the hardcore-thrash band Demerit [过失]: both bands gave good performances, but after what Cold Fairyland had put up pretty much anything would have faded in comparison.

The day after, it was time to go back to the bustling city center, having chats with the other campers on our way back home around China. Another great experience, and so many new bands to follow in this constantly developing and immense scene which is Chinese music.

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ANIMVS INFIRMVS - Rivolta


Informazioni
Gruppo: Animvs Infirmvs
Titolo: Rivolta
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Mother Death Productions
Contatti: facebook.com/legione.animvsinfirmvs
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Rivolta
2. Italia Nera
3. Identità
4. Squadrismo
5. Regime
6. RSI
7. Fiume
8. Abisso
9. Divina Terra
10. Pesttanz [cover Absurd]

DURATA: 44:34

Doverosa premessa: nel caso qualcuno non lo avesse ancora capito, Aristocrazia non si occupa di politica, mai. Aristocrazia valuta le qualità complessive dei dischi di cui vi propone le recensioni, cercando di sviscerare i legami indissolubili che intercorrono tra musica e concetto, ma senza mai appoggiare o contrastare le ideologie tirate in ballo, di qualunque colore esse siano. Apro in tal modo questa analisi perché, anche solo dopo un breve approccio distratto, sarà semplicissimo, pure per l'individuo più beota, intuire il tipo di terreno in cui affondano le radici degli Animvs Infirmvs, trio laziale che, con alle spalle una demo del 2009, debutta sotto l'ala protettrice della nostrana Mother Death Productions. E, per il lettore che dovesse sentirsi infastidito o urticato dalla lettura di una recensione che reca queste premesse, sarà dunque semplicissimo spostare la propria attenzione su qualcosa di differente.

L'introduzione malinconicamente trionfale di "Rivolta", dopo aver messo in chiaro immediatamente l'oltranzista direzione imboccata, si evolve in un crudo assalto che coniuga alla perfezione la spinta belluina del Black Metal con un sostrato di influenze rimandante agli albori del genere nero per eccellenza: Venom, Hellhammer, Celtic Frost e tutta la storica combriccola di marciumi assortiti. In virtù di quanto appena detto, sembra quasi pleonastico rimarcare il peso notevole che, nell'economia complessiva della proposta, hanno le immancabili venature Punk che serpeggiano all'interno di pezzi come "Italia Nera" e "Divina Terra", le quali rivolgono indiscutibilmente lo sguardo a certo retaggio Oi! e RAC. Non è però una cieca belligeranza musicale ininterrotta che ci viene propinata dagli Animvs Infirmvs: episodi come "Identità", "Squadrismo" e "Fiume" esibiscono infatti una notevole profondità sonora ed efficaci spinte propulsive da cui emergono una caustica attitudine fortemente individualista e una devastante volontà eversiva.

Vengono mantenuti indissolubili contatti con i selvaggi stilemi del Black Metal classico, come in "Regime" e "Abisso", ma ciò che fuoriesce dall'insieme è anche una sorta di nera e particolare epicità, fiera e disillusa allo stesso tempo. Abbiamo già avuto modo di inquadrare tale tratto attitudinale che si sta delineando fortemente negli ultimi anni e che sta diventando un po' una cifra stilistica di un modo tutto italiano di concepire e suonare il Black Metal: non a caso, echi di gruppi come Movimento D'Avanguardia Ermetico, Umbra Noctis e Funera Edo risuonano profondamente nell'intelaiatura espressiva di una composizione del calibro della magnifica "RSI". Casomai, arrivato a questo punto, qualche ascoltatore poco ricettivo avesse ancora dubbi sul percorso ideologico e musicale intrapreso, il terzetto pone a chiusura del disco una rivisitazione di "Pesttanz", pezzo degli Absurd di "Facta Loquuntur". La versione suonata dai nostri viene resa lievemente più cupa e pulita nell'andamento generale, ma rimane assolutamente fedele all'originale, mantenendo intatto l'assetto quadrato, istintivo e feroce che contraddistingue l'ossatura principale dell'operato del famigerato gruppo tedesco.

Avete ancora qualche dubbio irrisolto? Proverò a sradicarlo una volta per tutte. Se l'espressione musicale estrema ha per voi dei limiti troppo scottanti oltre i quali non riuscite ad accettarla e se non riuscite a convivere con prodotti figli di un certo comparto di pensiero, allora girate al largo. Se, invece, adorate abbeverarvi a fonti musicali che fanno della sovversione della morale sociale la propria missione, se ricercate proposte genuine, intense e sorrette da una potente espressività selvaggia, se siete in grado di riconoscere la grande qualità di una visione anche quando quest'ultima non coincide necessariamente con le vostre convinzioni, allora gli Animvs Infirmvs fanno davvero per voi!

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FRIJGARD - Nebelwacht


Informazioni
Gruppo: Frijgard
Titolo: Nebelwacht
Anno: 2011
Provenienza: Argovia, Svizzera
Etichetta: Black Tower Records
Contatti: frijgard.ch
Autore: ticino1

Tracklist
1. Frijas Tal
2. Nebelwacht
3. Frijgard
4. Eises Tränen
5. Kriegsgesang
6. Friedenslinde
7. Rabenwald
8. Blutpakt
9. Quell Des Lebens
10. Dem Tod geweiht
11. Ruf Der Heimat

DURATA: 50:12

L'ultimo pacchetto della nostrana Bergstolz conteneva anche qualche supplemento: Frijgard? Canton Argovia? Ah, quasi dei vicini di casa... Pagan black? Oh Cristo... perché proprio a me? Faccio buon viso a cattivo gioco e inserisco il CD nel mio lettore, che cosa sentirò?

Quali sono i primi punti che noto? Le canzoni che compongono "Nebelwacht" si astengono spesso e volentieri dalla velocità, un'eccezione la troverete in "Frijas Tal", ma approfittano di una buona dose di melodia non penetrante. I ragazzi non hanno timore e presentano anche parti acustiche ben eseguite, tuttavia — per evitare che il tutto cada nella banalità — le centellinano, come potrete sentire nella quarta traccia. I Frijgard s'impegnano a intrecciare le composizioni in modo intrigante, variando le scale impiegate e giocando con le diverse voci o cori. Con più brio, epicità e meno melanconia si presenta invece "Kriegsgesang", che con i suoi ritornelli potrebbe diventare un cavallo di battaglia in concerto. Il lavoro strumentale è pulito, non c'è che dire; soggettivamente trovo però che qui e là le canzoni contengano passaggi un po' blandi, come per esempio nell'ultimo terzo di "Friedenslinde". Questa impressione è forse dettata dal mio gusto personale, mi pare però che in questi casi gli argoviesi abbiano voluto strafare con la quantità di scale impiegate. Item, de gustibus non est disputandum, lo sappiamo. Dopo avervi reso l'idea generale del disco, tengo ancora ad accennare che i testi in tedesco danno quel tocco marziale che è ideale per mettere in risalto molti passaggi del disco, ascoltare per credere! Che dire ancora? "Rabenwald" e "Blutpakt" sono i miei pezzi preferiti: il primo lo gradisco particolarmente perché mi ricorda i Messiah della prima ora.

Il quartetto elvetico offre un disco che, e qui mi ripeto, è in sintonia con la neutralità svizzera, difatti "Nebelwacht" è, visto alla luce dell'artigianato musicale, molto al di sopra della linea tracciata dalla banalità, ma non riesce ad arrivare a livelli che siano in grado di stupire l'ascoltatore. Questi cinquanta minuti sono comunque parecchio goderecci, e li apprezzerete senz'altro passandoli in comodità con una birra in mano. Il gruppo è giovane e ha ancora davanti a sé tanta strada.

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MORMÂNT DE SNAGOV - Derisive Philosophy


Informazioni
Gruppo: Mormânt De Snagov
Titolo: Derisive Philosophy
Anno: 2013
Provenienza: Finlandia
Etichetta: Pest Records
Contatti: facebook.com/mormantdesnagov - mormantdesnagov.com
Autore: M1

Tracklist
1. Comatose
2. Divine Dismemberment
3. The End Of My Thoughts
4. Detrimental Edict
5. Abnormities
6. Transient Lunar Phenomenon
7. The Triumph

DURATA: 27:58

In concomitanza col quinto anniversario della fondazione, i finlandesi Mormânt De Snagov rilasciano il loro secondo lavoro intitolato "Derisive Philosophy", che stando alla biografia presente sul loro sito dovrebbe rappresentare una nuova era per la band, sia a livello musicale che di look; non conoscendo però nulla del loro passato, non potrò effettuare paragoni. Scorgendo i nomi dei musicisti coinvolti è palese un richiamo al sudest europeo più che alla Scandinavia, difatti scopro che una leggenda narra della sepoltura di Vlad Tepes, meglio noto come l'Impalatore (personaggio cui si ispirò Bram Stoker per creare il conte Dracula e "celebrato" anche dai Marduk nella seconda parte di "Nightwing"), proprio nel monastero di Snagov, un villaggio situato nel sud della Romania e oggi centro di villeggiatura.

Il black metal di cui sono fautori Domnul Cadavru e compagni prende le distanze da quanto potreste banalmente aspettarvi dalla terra che ha dato i natali agli Horna, così vi troverete di fronte a brani potenti e tecnici, con una sezione ritmica che fa da colonna portante (con il basso ben presente) per il lavoro delle chitarre. Le asce dello stesso Domnul e di Faolàn Domhnall donano all'album un certo gusto "progressivo" (l'incipit di "Abnormities"), senza comunque eccedere in contorsionismi o approcci avantgarde: talvolta sono più affilate (come in "The End Of My Thoughts") o varcano i confini del death ("Divine Dismemberment"), altre regalano assoli in serie ("Detrimental Edict"), altre ancora catturano l'intera scena grazie a pregevoli crescendo di tensione. A testimoniare la volontà di restare comunque legati a un approccio diretto c'è la durata media contenuta dei singoli brani (con la sola eccezione di "Comatose", che è una sorta di lunga introduzione "concettuale") e quella del disco: neppure trenta minuti. Inoltre le ritmiche sono sovente veloci e battenti, mentre evolvono in "stop & go" o rallentamenti solamente quando richiesto dalla canzone.

Tirando le somme, "Derisive Philosophy" è un breve album di un gruppo in evoluzione, ha il pregio di essere scorrevole e diretto, senza essere grezzo; al contempo il neo della necessità di essere personalizzato per far imboccare al gruppo una via più chiara e netta, al fine di aumentare l'incisività dei brani. Capacità e ambizioni sembrano esserci, perciò ora è questione di tempo e dal prossimo lavoro potremo davvero valutare senza timori di essere smentiti la bontà del black metal tecnico, melodico e sporcato di death dei Mormânt De Snagov.

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JEX THOTH


Informazioni
Autore: Dope Fiend
Traduzione: Dope Fiend

Formazione
Jex Thoth - Voce, Tastiere
Matt Jacobs - Chitarra
Brandon Newhouse - Chitarra
Danny Gonzalez - Basso
Nick Ray Johnson - Batteria


Misticismo, oscurità e paganesimo: queste sono le fondamenta dell'universo Jex Thoth, un universo che ha da pochi mesi partorito una nuova creatura chiamata "Blood Moon Rise". Aristocrazia vi offre oggi l'opportunità di approfondirne la conoscenza.

Ciao Jex, grazie per la disponibilità e benvenuta su Aristocrazia. Come stai?

Jex Thoth: Sto bene, grazie.


Facciamo un breve passo indietro: come è nata la band? Come mai i Totem hanno deciso di diventare i Jex Thoth?

Abbiamo iniziato con i Black Sabbath in mente e abbiamo continuato ispirandoci agli Amon Düül II e ai Reverend Bizarre. Quando abbiamo deciso di iniziare a registrare, non avevo mai fatto caso a come era uscito fuori il nome Totem. Quindi avevamo bisogno di un nuovo nome. Tutte le persone coinvolte in quel momento stavano contribuendo con grandi idee, ma in fondo ciò che stavamo facendo era la mia visione. Ho voluto che la band prendesse questo nome perché fosse un riflesso di tale mia visione ed è così che i Totem diventarono i Jex Thoth.


Una piccola curiosità: la seconda parte del tuo pseudonimo, Thoth, è riferita all'antico dio egizio, alla divinità di "Dungeons & Dragons" o a qualcos'altro ancora?

Ho preso il mio nome dal dio egizio Thoth per rappresentare l'armonia tra la luce e l'oscurità del mondo.


Quali sono le tue influenze musicali e le tue ispirazioni spirituali?

Traggo consapevolezza spirituale e ispirazione dalla natura. Ultimamente ho ascoltato un sacco di strani, vecchi dischi psichedelici che ho trovato in città. Potrei farti un elenco di band e album che mi hanno ispirato, ma quando scrivo cerco di non farmi influenzare troppo, perché voglio preservare la mia ispirazione. Naturalmente ogni volta che ascolto uno dei miei dischi preferiti, da qualcosa mi faccio inevitabilmente ispirare quando mi dico che ciò che sento mi piace e devo ricordarmelo!


Come ho affermato nella recensione, "Blood Moon Rise" è, secondo me, un vero capolavoro e la vostra proposta è diventata davvero molto personale. A tuo modo di vedere, quali sono i punti di forza del vostro stile?

Ti ringrazio per queste parole. Penso che la nostra più grande forza come band sia che abbiamo dimostrato di non esserci autolimitati. Ci sentiamo liberi di esplorare nuove sonorità.


Cosa è cambiato nel vostro modo di comporre dallo split con i Pagan Altar a "Blood Moon Rise"?

Quando c'è stata l'occasione di realizzare uno split con i Pagan Alter eravamo felicissimi. Non è stato semplice decidere quale traccia utilizzare, ma alla fine abbiamo scelto "Stone Evil". Credo che sia stata una buona scelta. Questo pezzo fu scritto dagli ex membri Grim Jim e Silas ed è ancora uno dei miei preferiti.


Ritengo che in quest'ultimo album ci sia stato un grande miglioramento rispetto al comunque bellissimo disco di debutto. Sei d'accordo con me? Quali pensi che siano le maggiori differenze tra le due uscite?

Questa è un'affermazione bellissima da sentire, io ritengo sempre che il mio lavoro più recente sia il migliore. La mia comprensione della musica è mutata da allora. Se il debutto era l'aria, il nuovo disco è l'acqua.


A mio avviso, uno dei più ammirevoli meriti di "Blood Moon Rise" è quello di essere in grado di costruire una fitta atmosfera Doom senza ricorrere necessariamente ai suoi tratti stilistici. Come riuscite a combinare tanti elementi musicali diversi e a edificare comunque un impianto sonoro così compatto e omogeneo?

Molte strade portano all'Heavy. Per me è importante ascoltare un pezzo una volta che esso comincia a vivere di vita propria. Voglio dire, una buona canzone può essere facilmente distrutta, schiacciata dalla volontà del suo creatore, se egli o ella smette di ascoltarla. Io cerco di catturare l'essenza di un brano una volta che è stato costruito con la strumentazione di base e poi ascolto come suona. Nella maggior parte dei casi, quando ascolto la roba vecchia, la sento tirata in una direzione o nell'altra. La chiave è non opporsi al fatto che non può venire fuori esattamente ciò che si era previsto per la canzone nel momento in cui la si concepiva.


Quanto sono importanti per te gli aspetti spirituali, testuali e iconografici della vostra proposta?

Sono estremamente importanti, sono gli elementi che guidano l'esperienza musicale.


Nel maggio scorso avete suonato due date qui in Italia: quale è stata l'impressione che avete avuto del nostro Paese? Siete rimasti soddisfatti dell'accoglienza ricevuta? Suonerete nuovamente nella nostra Penisola?

L'Italia è un paese bellissimo. Abbiamo incontrato alcune persone meravigliose lì, mangiato cibo delizioso e scoperto grandi band come Shinin' Shade e Black Oath, solo per citarne alcune. Sono così grata del fatto che la musica mi abbia portata fin qui.


Siete ancora in tour ora? Come procede la promozione di "Blood Moon Rise"?

Sono a casa nel Wisconsin al momento, torneremo in Europa a fine ottobre 2013.


Che riscontri avete ottenuto dai fan e dalla critica in giro per il mondo?

Abbiamo ricevuto enorme supporto da parte di tutti in giro per il mondo.


"Blood Moon Rise" possiede una doppia anima: da un parte il lato più onirico e psichedelico di pezzi come "Keep Your Weeds" e "Into A Sleep", dall'altra la pesantezza di brani quali "The Divide" e "The Four Of Us Are Dying". Quali sono gli episodi che preferisci del disco?

Io amo tutte le canzoni singolarmente, ma amo ancora di più l'effetto che fanno tutte insieme. Se dovessi sceglierne una preferita, sarebbe "Psyar" per l'incredibile assolo che c'è alla fine.


Quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?

La musica ha sempre fatto parte di me, fin da quando ero una bambina. Da quando ho memoria, la musica mi ha sempre portato gioia.


Chi è Jex nella vita di tutti i giorni?

Preferisco riservare queste informazioni per le persone con cui passo la vita.


Quali saranno i prossimi passi della band?

Abbiamo in programma di conquistare il mondo, un concerto alla volta.


Ti ringrazio ancora una volta per la disponibilità, ti faccio i complimenti per la bellezza immensa di "Blood Moon Rise" e, augurandovi tutto il meglio, ti passo un'ultima volta la parola per concludere l'intervista come preferisci.

Grazie per le tue bellissime parole. Abbiamo tre date organizzate in Italia: 1, 2 e 3 novembre. Tutte le date ufficiali sono pubblicate su jexthoth.net e su facebook.com/jexthoth. Spero di vedervi lì!

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